La notte sul deserto non era mai davvero vuota: custodiva segreti che solo i cuori pronti a sentire potevano udire. Boruma, seduto accanto a Cru, respirava lentamente. Sentiva ancora dentro di sé il bruciore dell’Ombra fusa alla sua carne, ma ora quel fuoco non lo divorava: lo illuminava.
I Custodi si tenevano in disparte, come figure scolpite dal tempo. Il più anziano si avvicinò e parlò sottovoce:
«Hai abbracciato la ferita. Ma ricordati, figlio del vento: chi porta in sé la luce e l’ombra è come un ponte sospeso. Non devi cadere da nessuna delle due parti. Cammina al centro, e troverai il bene superiore.»
Boruma chinò il capo. «E se inciampo? E se l’Ombra mi inganna?»
Il Custode posò una mano sulla sua fronte, e il tocco fu lieve come un respiro:
«Allora ricorda l’unica forza che non tradisce: l’amore. L’amore non è fuga, non è possesso. È un dono che ti porta a Dio, e in Lui diventa casa.»
Quelle parole gli fecero vibrare dentro un ricordo: Shelley che lo guardava negli occhi, la madre che gli accarezzava i capelli da bambino, i bambini di Gaza che correvano scalzi sulla polvere ma con i sorrisi pieni di cielo. Tutto convergeva in un unico punto, come se la vita stessa gli dicesse: “Non temere, io sono con te.”
Cru alzò il muso al cielo e ululò, un suono che si sparse tra le dune come un canto antico. Boruma lo strinse, come a ringraziarlo di essere compagno e specchio di fedeltà.
Poi il Custode più giovane, che fino a quel momento aveva taciuto, sussurrò con uno sguardo carico di presagio:
«Colui che hai visto tra le rocce non è un’illusione. È il messaggero di una nuova prova. Non verrà per uccidere il tuo corpo, ma per tentare la tua anima. Preparati: ciò che hai conquistato stanotte verrà messo in discussione.»
Boruma inspirò profondamente. «E come posso resistere?»
Il giovane Custode sorrise appena:
«Non resistere. Abbi fede. La resistenza è dell’uomo, ma la fiducia è di Dio.»
Un vento improvviso iniziò a soffiare, sollevando la sabbia attorno a loro come un turbine. Sembrava che l’intero deserto volesse cancellare ogni traccia, ogni certezza. Ma Boruma rimase fermo, gli occhi fissi all’orizzonte.
Lì, oltre le dune, intravide ancora quella figura: non si muoveva, ma lo osservava, immobile come un giudice antico.
Il cuore gli batté forte. Non era paura, non più. Era il brivido dell’attesa, il preludio di un incontro che avrebbe cambiato tutto.
Il Custode anziano alzò il bastone verso il cielo e concluse con voce che sembrava attraversare i secoli:
«Ricorda, viandante: l’amore puro non teme le ombre, perché in esso non c’è menzogna. Se sarai fedele all’amore, anche il nemico più oscuro diventerà strumento di verità.»
Boruma chiuse gli occhi. Si sentiva parte di qualcosa di più grande di lui, un disegno che univa dolore e speranza, guerra e compassione, vita e morte.
E sapeva che quella figura tra le rocce non era soltanto un uomo: era il passo successivo della sua corsa verso il divino.
Il vento tacque di colpo. Il silenzio si fece assoluto.
Lo scontro non era ancora giunto, ma l’anima di Boruma era pronta.

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