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scrivo per dare forma ai silenzi e anima alle storie che il mondo dimentica.
Categoria: BORUMA-CAPITOLI
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Nessuna mappa lo segnava. Eppure tutti, prima o poi, ne avevano sentito parlare. C’era un luogo — tra il deserto che consuma e il mare che ricorda — dove il vento non chiedeva il nome a chi passava. Non perché fosse sacro, ma perché lì il nome non serviva. Gli anziani dicevano che si trovava…
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Non fu il dolore a svegliarlo. Fu il silenzio. Un silenzio diverso da quello del deserto, diverso da quello delle notti sul Nilo. Questo silenzio aveva spessore. Come se qualcuno lo avesse steso sopra il mondo con le mani aperte, premendo piano. Boruma aprì gli occhi lentamente. La luce era lattiginosa, obliqua. Entrava da una…
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Il primo colpo non fu un rumore. Fu un vuoto. Boruma lo avvertì mentre correva lungo il margine spezzato della città, dove Luxor smetteva di essere storia e tornava polvere, ferro, cavi scoperti. Un vuoto nell’aria, come quando un temporale sta per cadere ma il cielo trattiene il fiato. Cru si fermò di colpo. Non…
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Il deserto quel giorno non era lo stesso. Boruma lo sentì prima nei piedi che negli occhi. La sabbia aveva cambiato consistenza: non più solo granelli che cedevano, ma una superficie viva, quasi vibrante, come se sotto la pelle della terra ci fosse un respiro trattenuto. Cru correva avanti e indietro, facendo piccole mezzalune intorno…
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Luxor era già lontana quando Boruma e Cru ripresero la strada verso il Sud. Il deserto si apriva come una mappa infinita, tracciata non da mani umane ma da venti antichi. Eppure, quel giorno, qualcosa nell’aria era diverso. Un silenzio più denso. Un’attesa che non apparteneva alla sabbia. Un presagio. Boruma lo avvertiva nel modo…
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Il Nilo non era un fiume, quella notte. Era un animale antico. Respirava lento, possente, come se ogni onda fosse un pensiero millenario risalito dall’oscurità del tempo. Boruma, in piedi sulla piccola feluca che avanzava nel silenzio, sentiva la pelle vibrare. Non era paura. Non era nemmeno tensione. Era presagio. Cru, seduto accanto a lui,…
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Il vento della sera era cambiato. Non portava più solo l’odore del Nilo, del papiro bagnato e del fumo dei bracieri. Portava qualcosa di più sottile. Qualcosa che Boruma aveva imparato a riconoscere: il respiro della Casta. Cru lo percepì per primo. Il pelo della schiena si drizzò, le orecchie si tesero come due antenne…
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Il Nilo scorreva lento, ma nella mente di Boruma il tempo aveva cambiato direzione. Non era più a Luxor, non era più fra templi e sabbia antica. Era tornato al mare. Non a quello lontano, straniero. Ma a quello che gli scorreva nel sangue. Massa Lubrense. Marina della Lobra. Il Vervece. Lo rivide come se…
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Il deserto non era più una distesa vuota, ma una pagina antica, tutta da leggere. Ogni granello di sabbia sembrava una lettera, ogni duna un verso lasciato a metà da un dio stanco e innamorato degli uomini. Boruma correva piano, senza misurare il tempo né la distanza. Cru gli restava accanto, in silenzio, come un…
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La notte su Luxor non calava: scivolava. Il giorno si ritirava piano dalle colonne, lasciando sulla pietra il ricordo del sole come una carezza tiepida. Il Nilo respirava a pochi metri, nero e lucente, tagliato dalle ombre delle feluche che rientravano lente, vele chiuse come palpebre stanche. Boruma camminava lungo la corniche con Cru al…
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Luxor si stendeva davanti a Boruma come un mosaico sacro, vivo di contrasti: il colore oro del deserto, il verde liquido del Nilo, il blu profondo del cielo vespertino. L’aria sapeva di polbe, di datteri maturi, di incenso bruciato sui gradini dei templi. Ogni passo che Boruma muoveva lungo la corniche gli dava la sensazione…
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Il vento del deserto non soffia: canta. Sfiora la sabbia come se le corde di un’arpa fossero state tese per chilometri, e ogni granello vibrasse nella sua nota. Boruma lo sentì non appena lasciò Alessandria alle spalle: una lunga corrente calda che accarezzava la pelle, sollevava la camicia, e muoveva i pensieri come fogli di…
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Alessandria dormiva come una regina antica, con il mare a farle da mantello e le stelle sparse tra le sue torri di pietra. Il vento del porto portava odore di alghe, di rame e di spezie; soffiava tra le colonne corrose della Biblioteca, tra i minareti e i cortili, accarezzando la sabbia che s’insinuava ovunque,…
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La notte era scesa su Alessandria senza fretta, come un velo sottile che non voleva coprire, ma solo attenuare. Il mare, poco distante, non urlava: mormorava. Un suono grave, profondo, che sembrava salire dal fondale più che dalla superficie. Boruma camminava in un dedalo di viuzze strette, lontano dalla Corniche e dai caffè illuminati. Qui…
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L’ingresso ad Alessandria fu come varcare una soglia invisibile. Il vento del deserto si placò all’improvviso, e al suo posto arrivò l’odore salmastro del Mediterraneo. Il mare, laggiù, non era più una linea: era una carezza materna. Boruma rallentò il passo. Le scarpette sollevavano polvere e sabbia mescolate al sale, e in lontananza la città…
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Il vento del deserto soffiava alle spalle di Boruma come un respiro ancestrale.La strada verso Alessandria era un nastro di luce che si perdeva nell’orizzonte, e ogni passo diventava una preghiera, una memoria, un desiderio.Cru correva qualche metro più avanti, poi si voltava, come se temesse che il suo compagno potesse dissolversi nell’aria. Boruma sentiva…
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Non c’era bisogno di parlare. Rosy gli porse il borraccino e restò a un passo, come si fa quando non vuoi disturbare la preghiera di qualcuno. Cru si sdraiò in ascolto, coda immobile, orecchie pronte a cogliere un accento che solo i cani riconoscono: la sincerità. Boruma fece scorrere l’acqua sul palmo, poi sulle scarpette…
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L’alba si apriva lenta, come una ferita che smette di sanguinare. Il mare, dopo la notte di tempesta, respirava piano: onde piccole, stanche, che si scioglievano sulla sabbia come carezze. Boruma e Cru sedevano vicino alla riva, il Sigillo avvolto ancora nella sciarpa, posato accanto a loro come un cuore che aveva smesso di pulsare.…
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Il primo colpo arrivò come un fulmine. Un rumore secco, ferro contro pietra, poi la luce. Una granata accecante esplose a pochi metri da loro, illuminando il vestibolo con un lampo bianco che sembrò spaccare l’aria. Rosy si coprì il volto, Cru ringhiò. Boruma, d’istinto, spinse il beduino verso un pilastro e si mise davanti,…
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La scala si apriva sotto i loro piedi come la gola di un animale antico. Ogni gradino era scavato e consumato da secoli di passi invisibili, e le pareti trasudavano acqua salmastra che odorava insieme di mare e muffa. Cru scese per primo, le unghie che graffiavano la pietra come un metronomo, mentre Boruma stringeva…
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Il buio si muoveva. Non era silenzio, ma un respiro che cambiava ritmo, come se i muri stessi stessero decidendo se stringersi o lasciarli passare. Boruma serrò il Sigillo al petto, avvolto nella stoffa, e il calore che filtrava lo costringeva a restare desto. Eppure, dentro quella penombra, la mente lo tradì con un lampo…
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I sotterranei della fortezza sembravano chiudersi attorno a Boruma e Cru come un respiro trattenuto da secoli. Le pareti di granito trasudavano umidità, e gocce lente cadevano ritmiche dal soffitto, come il ticchettio di un orologio che non segnava il tempo ma la paura. In fondo al corridoio, un bagliore dorato. Non era luce naturale,…
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Il sotterraneo odorava di pietra bagnata e di ferro antico. Boruma sentiva il respiro del tempo scorrere sulle pareti, gocce che cadevano ritmiche come un orologio invisibile. Cru era accanto a lui, pelo irto, occhi tesi nel buio. Un fruscio. Poi un passo. Dal fondo della galleria si mossero tre figure, nere come ombre staccatesi…
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Il corridoio sotterraneo odorava di umidità e pietra antica. Le torce fissate alle pareti disegnavano ombre tremolanti che sembravano allungarsi come artigli, pronte a ghermire. Cru avanzava accanto a Boruma, il respiro regolare, le orecchie tese: ogni passo era un avvertimento silenzioso. Boruma, però, non tremava. Sentiva la tensione avvolgerlo come una seconda pelle, ma…
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La luce del mattino filtrava dalle feritoie della fortezza, disegnando lame dorate sulle pietre umide. Boruma si fermò un istante, accarezzando l’orecchio di Cru, che puntava già il muso verso una scalinata in ombra. «Lo sapevo,» mormorò. «Se c’è un cuore nascosto, dev’essere sotto.» Cru abbaiò piano, quasi per confermare. Scese lentamente i primi gradini:…
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L’alba spaccava il cielo in due: da una parte il rosa caldo del giorno nuovo, dall’altra il blu scuro che ancora tratteneva i sogni della notte. Boruma guardava l’Isola del Faraone stagliarsi netta davanti a sé, la fortezza di Salah al-Din che emergeva dalle acque come un castello sospeso tra mito e realtà. Le scarpette…
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Il Golfo di Aqaba si stendeva davanti a lui come una lama di vetro liquido, incisa di luce lunare. Boruma, con Cru al fianco, annodava ancora una volta i lacci delle scarpette della nonna, quelle che ormai non erano più un semplice oggetto ma un sacramento: ogni passo che compiva era anche un passo di…
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L’alba filtrava lenta, dorata, tra le acacie dell’oasi. Boruma si chinò a stringere i lacci delle scarpette color crema: gli parve di sentire il profumo di bucato di nonna Concetta, il fruscio delle sue mani infarinante, il suono delle preghiere mormorate la sera. Non erano solo scarpe: erano un ponte, un ricordo che camminava con…
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Le aveva tenute in fondo allo zaino per anni, avvolte in una federa di cotone che ancora sapeva di armadio buono e sapone di Marsiglia. Erano un paio di scarpette color crema, leggerissime, con il profilo dorato che ricordava una foglia di limone. Gliele aveva regalate nonna Concetta l’ultima estate a Sorrento. «Quando le metterai,»…
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Il vento sollevava brandelli di polvere e cenere, e Boruma sentiva ogni respiro pesante come un macigno. Cru avanzava davanti, il pelo rigido, le narici che percepivano odori che l’olfatto umano non avrebbe mai potuto distinguere. I bambini tremavano dietro di loro, piccoli corpi stretti l’uno all’altro, occhi spalancati e pieni di fiducia verso l’uomo…
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La notte calava lentamente sulla Striscia, densa di fumo e polvere. Ogni respiro di Boruma era un pugno contro il petto, mescolato all’odore acre di ferro bruciato, cenere e sudore dei bambini che ancora tremavano tra le macerie. I lampi delle esplosioni lontane illuminavano i tetti sfondati, proiettando ombre irregolari sulle pareti scrostate, come se…
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La notte calava come una coperta irregolare, fatta di ombre spezzate e luci tremolanti di fuochi lontani. Non c’era il silenzio assoluto, ma un brusio diffuso: il ronzio dei generatori, il pianto sommesso di un neonato, il battere metallico di una lamiera che il vento muoveva a intervalli. L’aria odorava di ferro e cenere, come…
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Il silenzio che circondava Boruma non era solo quello del deserto. Era un silenzio antico, che aveva radici lontane, in una solitudine che lo aveva accompagnato fin dall’infanzia. Si accarezzò il petto, come se cercasse un battito che non gli apparteneva più. Da quando Shelley se n’era andata, l’amore per lui aveva smesso di avere…
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Il vento, quella notte, sembrava portare con sé echi lontani, voci spezzate che si confondevano col battito del cuore di Boruma. Non c’erano spari, né urla. Solo un silenzio denso, quasi irreale, che gli si posava addosso come un mantello. Era il silenzio che precede i grandi eventi, quello che ti costringe a guardarti dentro,…
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La notte sul deserto non era mai davvero vuota: custodiva segreti che solo i cuori pronti a sentire potevano udire. Boruma, seduto accanto a Cru, respirava lentamente. Sentiva ancora dentro di sé il bruciore dell’Ombra fusa alla sua carne, ma ora quel fuoco non lo divorava: lo illuminava. I Custodi si tenevano in disparte, come…
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Il silenzio del deserto era così assoluto da sembrare irreale. Boruma, con Cru al fianco, si mosse lentamente verso la figura che lo fissava dall’ombra delle rocce. I Custodi rimasero indietro, immobili, come se quella parte del cammino non appartenesse più al loro compito. L’uomo non avanzò, non indietreggiò. Attendeva. La sua sagoma era ferma…
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La notte sul deserto non era mai davvero vuota: custodiva segreti che solo i cuori pronti a sentire potevano udire. Boruma, seduto accanto a Cru, respirava lentamente. Sentiva ancora dentro di sé il bruciore dell’Ombra fusa alla sua carne, ma ora quel fuoco non lo divorava: lo illuminava. I Custodi si tenevano in disparte, come…
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Il deserto taceva. La notte calava lenta, spogliata di ogni dolcezza, e il silenzio si faceva così fitto da sembrare un mantello. L’ombra, ora separata dal pozzo, prendeva forma davanti a Boruma. Non era un mostro, né un uomo: era il riflesso dei suoi timori, la sua stessa immagine, spogliata di luce. I Custodi la…
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Il tramonto incendiava il cielo del deserto, tingendo la sabbia di rosso e d’oro. Boruma, ancora ansimante dopo la corsa, sentiva le gambe pulsare come corde di un antico strumento. Ogni muscolo bruciava, ma era il cuore a correre più forte, come se sapesse che la prova non era conclusa. Davanti a lui i Custodi…
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Il vento si levava leggero, ma nell’aria densa del deserto diventava subito una lama che bruciava sulla pelle. Il sole alto sembrava non concedere tregua, eppure Boruma sapeva che quella corsa era necessaria, un compito affidatogli dai Custodi della Rosa e del Cactus. Non era un semplice allenamento: era una prova di resistenza, un rito…
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Dopo aver lasciato Gerusalemme, Boruma si voltò a guardare Amir e Leila, i due giovani palestinesi che, con coraggio e determinazione, vegliavano sulla biblioteca nascosta. Le loro mani, ruvide ma gentili, stringevano antichi volumi e pergamene come fossero reliquie sacre. «La vostra presenza è più preziosa di quanto immaginiate» disse Boruma, con voce calda ma…
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Il vento del deserto soffiava come un respiro antico, sollevando veli di sabbia che sembravano danzare nel vuoto prima di dissolversi. Ogni folata portava con sé odore di pietra scaldata dal sole e memorie silenziose. Boruma stava immobile sulla terrazza di un vecchio convento francescano a Betania, con lo sguardo fisso verso il Mar Morto,…
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Il legno della botola cigolò con un suono che pareva il sospiro di un secolo dimenticato. L’aria che ne uscì era spessa, odorava di papiro, terra e incenso. Cru si mise seduto. Non mosse un passo. Solo gli occhi fissi su Boruma, come a dirgli: “Sei pronto?” Boruma accese la torcia. Il fascio di luce…
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Il silenzio calò sul cortile come una coperta di cemento. I bambini smisero di scrivere. Cru si piantò con le zampe davanti a Boruma, la coda rigida come una lancia. Solo il vento continuava a muovere i lembi strappati della bandiera bianca che sventolava all’ingresso della scuola. Boruma alzò lentamente lo sguardo. L’uomo era fermo…
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Shelley non aveva lasciato solo disegni e taccuini. Aveva lasciato una traccia. Un seme. Quel progetto educativo segreto, nato tra le crepe della guerra e cresciuto tra i muretti sgretolati della Striscia, era ancora vivo. Nonostante tutto. Joshua gli aveva affidato quella responsabilità con occhi lucidi e mani tremanti: “Ci serve qualcuno che non insegni…
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La strada per Hebron era rossa di sabbia e storie. Boruma sedeva accanto al finestrino con la testa poggiata sul vetro, osservando le colline che cambiavano colore ad ogni curva. Cru, accucciato sul sedile posteriore, russava piano, come se anche lui stesse sognando una terra che non sapeva dimenticare. Il paesaggio era una tela spezzata:…
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Il sole di Tel Aviv era una carezza silenziosa, dorata. Boruma si tolse la maglietta con un gesto lento, quasi cerimoniale, mentre Cru — l’akita americano che da giorni non si staccava più da lui — scodinzolava a riva, la lingua di fuori e lo sguardo fiero come un guerriero sopravvissuto. Le acque del Mediterraneo…
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Il cielo sopra Gaza, quel giorno, sembrava in attesa di qualcosa. Grigio, sospeso, come il respiro prima di una corsa. Boruma camminava piano, appoggiandosi a un bastone di fortuna. Cru, l’Akita americano, lo seguiva a qualche passo, ferito ma fiero, come se la sofferenza fosse una medaglia invisibile. Stava cercando una farmacia, o almeno un…
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Il cielo di Gaza non era azzurro. Era una distesa immobile di sabbia sospesa, un colore tra il fumo e il piombo. L’aria aveva smesso di muoversi da giorni, come se anche il vento avesse paura. Boruma camminava in silenzio. Le suole degli scarponi sollevavano solo polvere. Il quartiere di al-Zaytoun era un dedalo di…
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Il cielo si era appena tinto di rame fuso, screziato da lembi di nuvole stracciate. L’aria sapeva di polvere e cordite, un respiro trattenuto da troppi giorni. Era il terzo bombardamento in una settimana. Le sirene, i passi affrettati, il pianto dei bambini — tutto ormai sembrava un triste ritornello, una nenia da cui nessuno…
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1. Gaza – La linea sottile del respiro L’aria aveva l’odore acre della polvere da sparo e del pane bruciato. Gaza non si svegliava: si riapriva, ogni mattina, come una ferita fresca. Le strade, ricamate da crateri e detriti, erano percorse da bambini a piedi nudi e donne velate che stringevano sacchi di farina come…
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1. La sabbia e il cuore La sabbia si sollevava in vortici lenti, sospinta da un vento caldo che pareva sussurrare storie antiche e mai scritte. Gaza si stendeva sotto un cielo pallido, scolorito dalla polvere e dalla paura. Il sole ardeva in alto, come un dio silenzioso che osservava senza intervenire. Boruma avanzava con…